Clima sociale: come misurarlo in modo efficace?
Quando positivo contribuisce all’impegno e alla produttività dei dipendenti, mentre quando negativo può alterare le prestazioni sociali [1] ed economiche. La misurazione del ‘clima sociale’ (In Italia più genericamente denominato ‘clima aziendale’) è quindi essenziale in ogni organizzazione. Guiderà le azioni in termini di politica delle risorse umane, di QWL (Quality of Working Life) e di cultura manageriale. Come operare? Ecco alcune risposte.
1 – Clima sociale in azienda: di cosa stiamo parlando?
“Il clima sociale è la previsione meteorologica dell’azienda che ha un impatto diretto sui risultati dell’organizzazione”. Nel suo libro La boîte à outils des Ressources Humaines (Dunod, 2020), la docente e consulente formatrice in materia di risorse umane Annick Haegel ha coniato questa prima definizione. Andando oltre alla formalizzazione del concetto, l’autrice ritiene che il ‘clima sociale’ derivi dal confronto tra le aspettative e le percezioni dei dipendenti in molteplici ambiti: la struttura dell’azienda, le politiche HR (promozione, retribuzione, formazione), lo stile di management, le relazioni interpersonali e tra i team, le condizioni di lavoro, la qualità della comunicazione interna, l’equilibrio tra vita personale e professionale, ecc. Come sottolinea Annick Haegel, “è un concetto multidimensionale”. E, di conseguenza, complesso da comprendere.
Questa complessità non deve, tuttavia, giustificare una sorta di disinteresse per il ‘clima sociale’. Al contrario, nel contesto attuale – in cui l’accelerazione del cambiamento richiede una forte mobilitazione dei team e quindi un elevato livello di impegno – è possibile trarre un netto vantaggio promuovendo un ‘clima sociale’ di qualità: se all’interno permetterà di guadagnare in termini di performance, all’esterno alimenterà l’employer branding, contribuendo così all’attrattività dell’organizzazione.
2 – Quali indicatori chiave si possono utilizzare?
La valutazione periodica del ‘clima sociale’ si basa sull’analisi di diversi indicatori, sia qualitativi che quantitativi, integrati da indagini condotte presso i dipendenti. Due indicatori in particolare meritano l’attenzione della direzione generale e HR: il tasso di turnover e il livello di assenteismo. Qualsiasi scostamento dalla media deve metterci in allerta come un segnale di deterioramento – o miglioramento! – del ‘clima sociale’.
Un altro indicatore rilevante è l’eNPS (employee Net Promoter Score), che si pone l’obiettivo di valutare la probabilità che i dipendenti raccomandino l’azienda attuale come luogo di lavoro, su una scala da 0 a 10. Questa indagine offre la possibilità di identificare tre gruppi di dipendenti: i “critici” (punteggio da 0 a 6), che sono chiaramente insoddisfatti; i “passivi” (da 7 a 8) e i “promotori” (da 9 a 10). La percentuale di “critici” è un segnale diretto del deterioramento del ‘clima sociale’ interno.
Per identificare i fattori di soddisfazione e frustrazione si possono utilizzare altri strumenti. Il colloquio individuale, o colloquio di valutazione, rappresenta un’occasione di dialogo tra il manager e il dipendente. Da un punto di vista collettivo, l’implementazione di questionari interni, compilati in forma anonima, consentirà di sondare lo stato d’animo generale, ad esempio dopo un’importante trasformazione organizzativa, per comprenderne l’impatto sulla percezione dei dipendenti. La comunicazione interna può quindi essere mobilitata per trasmettere i principali risultati dell’indagine e per accennare a possibili progetti per attenuare le preoccupazioni o disinnescare il risentimento.
3 – Misurare il clima sociale: come procedere?
Annick Haegel ci ricorda di due attori che giocano un ruolo fondamentale nella valutazione del ‘clima sociale’: “la funzione HR, che lo misura costantemente e attua piani d’azione per migliorarlo; il manager, che identifica i segnali di deterioramento nel proprio reparto, reagisce in caso di tensione e assicura lo sviluppo di un clima sociale locale positivo”. Sono loro, dunque, gli attori che si trovano in prima linea nel rilevare il “polso” della situazione a livello sociale.
Il primo passo è quello di stabilire una diagnosi precisa degli eventuali problemi sociali e gestionali esistenti. L’uso di un barometro sociale è fondamentale: si tratta di un questionario, inviato in forma anonima e confidenziale a tutti o ad alcuni dipendenti, che si concentra su alcuni aspetti. Può anche fornire una comprensione più generale del ‘clima sociale’. È meglio fare uso di domande chiuse piuttosto che aperte: in questo modo sarà possibile produrre elementi statistici precisi, incrociando i dati o stabilendo tendenze per tema.
Questa base quantitativa non è sempre sufficiente. Può essere importante integrarla con un approccio qualitativo, al fine di comprendere meglio le questioni in gioco. Ad esempio, se la dimensione “retributiva” emerge come elemento di insoddisfazione all’interno di una categoria di dipendenti, la realizzazione di un focus group o di interviste individuali permetterà di comprendere meglio le aspettative e il modo in cui l’azienda può cercare di rispondervi.
Per quanto riguarda i questionari, tuttavia, bisogna fare attenzione: possono indurre alcuni bias cognitivi. Il perimetro del questionario deve quindi essere sempre chiaramente definito. Per andare oltre e basarsi su dati concreti, esiste un indice solido: l’IBET© (Workplace Wellbeing Index)[3], e il concetto ad esso associato di Buona o Cattiva volontà sociale (sovra o sottoperformance sociale). L’IBET© permette di misurare con precisione il livello di impegno, attraverso il disimpegno. Si basa sui dati HR dell’azienda, come il tasso di indisponibilità legato al congedo per malattia (TND in francese), il tasso di assenza forzata dall’azienda nei confronti dei dipendenti (TSF) o il tasso di disimpegno dichiarato dai dipendenti nei confronti dell’azienda (TDD). Sebbene l’uso dell’IBET richieda maggior tempo rispetto alla compilazione di un questionario dichiarativo, un IBET “flash”, della durata di 5-10 giorni[2], offre un quadro chiaro della situazione, prima di intraprendere un approccio più globale e strutturante.
DA TENERE A MENTE:
- Il ‘clima sociale’ è un concetto proteiforme, che riguarda tanto le buone pratiche HR quanto la cultura manageriale o la qualità della vita sul lavoro.
- Per rilevare il “polso” aziendale si possono utilizzare diversi indicatori, come l’eNPS (employee Net Promoter Score) o i tassi di turnover e assenteismo.
- Una misurazione precisa si baserà su diversi strumenti: indagini sul ‘clima sociale’, interviste individuali e focus group.
- Uno strumento come l’IBET può essere adottato per un approccio più strutturante.
[1] Un’intervista in francese da leggere su questo tema: Anne-Sophie Godon-Rensonnet, Direttrice dei servizi Malakoff Humanis – sul blog di CAHRA.
[2] Humanely, una filiale di CAHRA, si offre di realizzare un IBET “flash” per le organizzazioni che lo desiderano.
[3] Il Workplace Wellbeing Index© (IBET) è stato creato da Victor Waknine, socio fondatore di Mozart Consulting e partner CAHRA.