L’identikit del Manager di Transizione europeo: Studio INIMA
La rete delle associazioni di manager di transizione INIMA ha appena pubblicato uno studio, condotto in 10 paesi, riguardo al transition management. Questa iniziativa permette di definire il profilo tipico del manager di transizione europeo e di scoprire la portata delle sue missioni. Più in generale, l’indagine rivela il dinamismo di un settore imprenditoriale che risponde a molteplici problematiche organizzative, in un contesto generale di trasformazione e complessità.
Qual è l’aspetto tipico del manager di transizione europeo?
Nell’European Survey 2022, l’International Network of Interim Manager Associations (INIMA) offre una fotografia a 360° del mercato. Basato sulla raccolta dei dati di 800 professionisti, questo studio riunisce una decina di federazioni o associazioni: per la Germania, il DDIM (Dachgesellschaft Deutsches Interim Management e.V.) e per il Regno Unito, l’IIM (Institute of Interim Management). È importante ricordare, infatti, che questi due paesi da soli rappresentano quasi l’80% del mercato europeo.
Quali sono i risultati principali? In primo luogo, lo studio permette di stilare un “identikit” del manager di transizione europeo. Non sorprende che nell’86% dei casi si tratti di un uomo, con un’età media di 54 anni e un’esperienza di oltre 7 anni. Diverse aree funzionali di competenza sono particolarmente rappresentate: la top 5 è dominata dalla direzione generale, seguita dalle operazioni, dalla funzione HR, dalla finanza e dalle vendite. Gli intervistati hanno riportato anche il numero di giorni in cui hanno fatturato, rispetto al numero totale di giorni lavorativi nel 2021. Questi due dati consentono di stabilire il tasso di occupazione dei manager di transizione europei: 63%, con un picco dell’81% in Germania.
In Europa come in Francia, le aziende e le missioni sono molto diverse
In termini di modalità di lavoro, gli incarichi a tempo pieno, in un’unica azienda, sono la norma nel Nord Europa. In Spagna e in Italia il lavoro part-time è più frequente. La specificità di questi due Paesi è spiegata, in particolare, dalle dimensioni dell’azienda in cui intervengono i manager di transizione: nella maggior parte dei casi si tratta di aziende con meno di 100 dipendenti. Negli altri Paesi in Europa i “profili” delle organizzazioni sono più vari, con missioni che possono riguardare le start-up così come le grandi imprese.
Per quanto riguarda le missioni, la loro durata media è di 11,6 mesi. Le richieste delle aziende riguardano soprattutto il supporto al cambiamento o l’ottimizzazione dei processi. Altri temi importanti sono sicuramente la gestione dei progetti e lo sviluppo del business. In Francia, la top 3 è costituita dalla gestione del cambiamento, seguita dal management dei progetti e dei posti vacanti [1], alla pari con l’ottimizzazione dei processi.
Un altro dato importante emerso dallo studio riguarda il modo in cui i manager di transizione europei ottengono i loro incarichi. Su scala europea, è il network personale a prevalere, con una missione su due, seguito dal supporto di aziende specializzate (20%). In Francia vengono riscontrate percentuali differenti: infatti, il network è meno importante (37%) e si ricorre alle aziende specializzate in modo più esteso (32%).
Questo settore di attività è pienamente chiamato in causa per sostenere la ripresa economica
Qual è la visione dei manager di transizione europei rispetto al mercato 2022? Al momento dell’indagine è prevalso un chiaro ottimismo: quasi 8 professionisti su 10 hanno previsto uno sviluppo della propria attività in ottica “positiva” o addirittura “molto positiva”. Risposte entusiastiche che possono essere spiegate dai risultati dell’anno precedente. Come affermano gli autori dello studio INIMA, il 2021 è stato un “anno positivo” per il tipico manager di transizione europeo. Il numero di giorni in cui si è fatturato è aumentato in media del 7% rispetto al 2020, e i Paesi che hanno registrato la crescita più forte sono quelli che hanno sofferto maggiormente le conseguenze della pandemia – in particolare Inghilterra, Austria e Francia. Inoltre, i manager di transizione europei in servizio a gennaio 2022, sono più numerosi rispetto a gennaio 2021: +12% in media (tutti i Paesi insieme). Questa ripresa post-Covid è confermata da altre indagini[2] con, in Francia, un aumento dell’attività di circa +8% dal 2020 al 2021.
Questi risultati positivi per il management di transizione vanno visti nel contesto della ripresa economica, che sta avendo un effetto di recupero. Un’altra spiegazione risiede nelle numerose sfide, spesso strategiche, che le aziende devono affrontare. Di fronte a trasformazioni importanti per mantenere il loro vantaggio competitivo e adattarsi all’accelerazione digitale, hanno tutto da guadagnare affidandosi alla competenza – e all’esperienza – dei manager di transizione. Professionisti che vantano spiccate capacità relazionali e una grande stabilità emotiva; liberi dai problemi di potere insiti nell’appartenenza a un’organizzazione.
[1] Un Manager di Transizione CAHRA può intervenire quando una posizione è vacante, in un contesto di trasformazione, trasferimento o rottura. Il suo compito è di supportare i team presenti attraverso il cambiamento, portando avanti la trasformazione tramite il management. Su questo punto, lo studio INIMA riflette di più le caratteristiche proprie all’interim management rispetto a quelle del Management di Transizione praticato da CAHRA.
[2] Fonte: Barometro di Transizione in Francia 2021.