Il ciclo virtuoso della rigenerazione
RIFLESSIONI DI FINE ANNO E SPUNTI DI ISPIRAZIONE NELL’ERA DELL’IMPREVEDIBILE
Come emerge dal saggio “Cigno Nero” di Nassim Taleb, in condizioni d’incertezza tutti i sistemi improntati a modelli deterministici sono fragili ed esposti al collasso. Perché in questo momento storico è così importante ripensare ai processi che un’azienda mette in atto in situazioni di difficoltà? Questo 2020 complesso, caratterizzato dall’incubo della pandemia, cos’ha da insegnarci?
Vivendo in una società, il macro-contesto che ci circonda influenza ogni sfera della nostra quotidianità. Un società si forma grazie alle attività delle organizzazioni, anch’esse investite da stress, incertezza e variabilità; ecco perché è fondamentale capire come combattere questi meccanismi distruttivi per assicurare il corretto funzionamento di imprese e istituzioni.
Gianfranco Rebora, Professore Emerito di Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane dell’Università LIUC – Cattaneo di Castellanza (direttore responsabile della rivista Sviluppo & Organizzazione dal 2010), durante il convegno digitale Organizzazioni robuste nell’era dell’imprevedibile – Rigenerare imprese e istituzioni come mondi vitali e collanti sociali – di cui Cahra by Simonelli è stata sponsor ufficiale – ha individuato il momento presente come ideale per familiarizzare con il cambiamento: “Nell’era dell’imprevedibilità, l’arte di organizzare ha nel rischio e nell’incertezza lo sfondo dal quale non si può prescindere”.
Tutto ciò che è legato ad abitudini radicate, a logiche asettiche di competitività dei mercati, a comportamenti di “reazione”, trascura le energie intellettuali e morali presenti nelle imprese e nelle organizzazioni sociali, vitali per un rinnovo dei processi. Necessitiamo di nuove risorse organizzative, nuovi sistemi di potere, nuovi modi di pensare strutture tradizionali: stiamo parlando di un vero e proprio meccanismo di apprendimento collettivo. Pensiamo al medico che interrompe la sua normale attività lavorativa per suonare il pianoforte, in mezzo ad un ospedale. Introdurre comportamenti apparentemente distanti dalla professionalità, crea coesione all’interno di un contesto formato da persone ed emozioni, aiutandole a superare un momento di difficoltà. Ma non solo. Mostra anche l’opportunità che si cela dietro a quel cambiamento, l’occasione di imparare a gestire le criticità e trovare ancora punti fermi nell’incertezza generale. Chi si occupa di change management, sa che l’intelligenza collettiva del team è fondamentale.
Di fronte ad una situazione di incertezza, nelle organizzazioni si creano problemi di ridondanza causati dalla ricerca ossessiva di soluzioni prima di conoscere, capire e studiare il contesto (ricordiamo che l’analisi preventiva della situazione in cui sono calate le aziende, rappresenta un vero pilastro del metodo Cahra): grosso errore che genera sprechi e mancanza di efficienza nelle imprese. Per essere flessibili e resistenti alle crisi – sia a livello personale che organizzativo – occorre perfezionare ed esercitare le soft skills; pensiamo in particolare alla resilienza – resistere attivamente ai mutamenti, trasformando le difficoltà in opportunità – e la mindfulness, la capacità di concentrarsi sul dettaglio, cogliendo segnali deboli e criticità.
In tutto questo, è impossibile trascurare il ruolo della leadership dei manager, i quali devono essere i primi a cogliere segnali dal basso, senza lasciarsi guidare esclusivamente dai dati, ma valorizzando quella componente umana fondamentale nel confronto costruttivo con l’altro.
Federico Butera – Professore Emerito di Scienze dell’organizzazione, Università Milano Bicocca e Università di Roma Sapienza – sostiene che stiamo vivendo nella Società del rischio; la nostra quotidianità è investita da cambiamenti continui, che ci costringono a riflettere sulle trasformazioni della società. La reazione all’evento inatteso deve essere la gestione della situazione, della realtà. Occorre focalizzarsi sul management aziendale e sulla creazione di organizzazioni resilienti, capaci di adattarsi al cambiamento. Risulta quindi fondamentale incrementare l’ecosistema del lavoro, costruendo una rete efficiente ed interconnessa nella quale dare modo di sviluppare la creatività, quel momento di innovazione che non deve mai mancare in un’azienda. Il vero valore all’interno delle organizzazioni sono le persone; le loro capacità e competenze sono essenziali per affrontare il cambiamento.
Se parliamo di innovazioni, non possiamo ignorare il ruolo conquistato dalle tecnologie lungo il periodo di isolamento forzato, essenziali per relazionarsi con un mondo lavorativo improvvisamente delocalizzato. Nello spazio di incontro tra la realtà fisica “tradizionale” e le opportunità offerte dal digitale, si crea quella dimensione chiamata onlife (da un neologismo di Luciano Floridi), dove rimane centrale l’importanza della persona. Le tecnologie infatti necessitano dell’esperienza e della conoscenza dell’uomo, affinché sia possibile esercitare un controllo su di esse e guidarle. In questo senso, il manager d’azienda diventerà un decisore strategico che, oltre a saper gestire l’emergenza dell’oggi, dovrà essere preparato a trovare soluzioni per il domani.
In questo ciclo virtuoso, occorre infine sottolineare come il digitale abbia rafforzato i modelli organizzativi di tante aziende, introducendo modalità che si rivelano di enorme supporto. Un esempio? Lo smartworking è una valida soluzione ad uno dei problemi principali dei manager di oggi: l’employee retention, ovvero la capacità di trattenere le risorse migliori, garantendo loro maggiore flessibilità e benessere complessivo. La rigenerazione del 2021 non potrà quindi prescindere dall’adozione di una nuova visione manageriale che tenga conto delle tendenze che ci circondano, delle esigenze umane di chi lavora per noi e delle loro qualità, soprattutto quelle nascoste.