Management a distanza: ritorno alle origini o management «aumentato»?
A partire dal lockdown della primavera del 2020, la capacità delle linee manageriali di praticare il management a distanza è diventata strategica per le organizzazioni. Rimane immutato il nuovo framework lavorativo, secondo modalità che rispondono alle esigenze delle imprese e – in questa fase – anche agli imperativi sanitari. Di fronte al lavoro ibrido in crescita [1], il management deve essere rinnovato? Se sì, le buone pratiche che ne sono alla base assicurano un’efficacia a tutto tondo?
Con il management a distanza aumenta l’attenzione al framework impostato
Al culmine della crisi sanitaria, i media B2B fanno eco alla seguente domanda: il management in presenza deve continuare ad essere il valore di riferimento? Piuttosto di restare bloccati su questa domanda, consideriamo le diverse modalità di gestione così come sono state osservate e descritte dalla ricerca, attraverso la famosa “griglia” dei docenti-ricercatori Robert Blake e Jane Mouton, in particolare =>
Fonte : CC BY-SA 4.0
Nello schema vengono descritte cinque modalità di management, secondo due assi: uno riguarda il grado di coinvolgimento dei manager nella “produzione” e nelle decisioni, l’altro il livello di attenzione riservata alle relazioni umane.
Di natura schematica, questa griglia rimane rilevante se pensiamo ai comportamenti che un certo “messaggio” del manager suscita nei suoi dipendenti: impegno o protezione/ritiro. In alcune aziende digitalizzate, in particolare laddove il risultato è correttamente percepito come conseguenza e i mezzi (sperimentazione, aggiustamenti, implementazione) come obiettivi, il management catalizzatore (o “democratico”, a seconda della traduzione) è il più potente. La crisi sanitaria ha ulteriormente accentuato questa tendenza, poiché il management direttivo perde di fatto gran parte dei suoi mezzi di controllo con i dipendenti che lavorano da casa.
Pertanto, per essere efficiente, il management a distanza deve lavorare per integrare ognuno negli obiettivi comuni, catalizzare le diverse potenzialità e coinvolgere i dipendenti nello sviluppo di nuovi processi o nel processo decisionale – in una certa misura. In altre parole: il remote management deve adottare delle buone pratiche di management in quanto tale. Richiede inoltre una maggiore attenzione alla condivisione delle regole operative, per fornire a ognuno riferimenti comuni (in particolare in caso di disaccordo) e proporre un “quadro” di sicurezza. A questo riguardo, neppure un management esclusivamente partecipativo risponde alle esigenze dei team.
Uno stile di management che favorisce il lavoro collaborativo e il supporto
Durante il periodo del lockdown, i manager che hanno incontrato maggiori difficoltà sono stati quelli che erano abituati a controllare i propri dipendenti, limitandosi a distribuire compiti e monitorandone poi l’esecuzione. Gestiti in questo modo, i dipendenti non sono in grado di dar prova di avere iniziativa, basandosi su ciò che viene loro chiesto senza osare proporre soluzioni “sul campo”, spesso più adeguate. Inoltre, riflettono poco sulla loro organizzazione personale. Tuttavia, la qualità di quest’ultima è fondamentale nel contesto di un lavoro a distanza.
Al contrario, i manager che sono in grado di:
- supportare i dipendenti nello sviluppo di un lavoro collaborativo,
- delegare loro determinati compiti – nell’ottica di una maggiore autonomia.
- coordinare i team e unire i collaboratori,
- aiutarli a “trovare” il senso nelle loro azioni,
- sviluppare le loro competenze in modo che siano in grado di adattarsi ad un nuovo ambiente di lavoro,
- collaborare con i loro colleghi
non sono stati destabilizzati da questa “nuova” modalità di management a distanza, che hanno dovuto implementare con urgenza, e i loro team si sono adattati più facilmente!
Di fronte all’affermarsi di un’organizzazione ibrida del lavoro o alla generalizzazione del lavoro a distanza, questi manager dispongono delle leve necessarie per trasformarsi a loro volta in figure di supporto – lavorando per facilitare i compiti – o coach, facendo crescere i loro dipendenti come individui. Il collettivo ne esce rafforzato. Per quanto riguarda obiettivi come la produttività, sono guidati da un approccio di co-costruzione; è coinvolgendo i team che si definiscono le prospettive più accurate.
La comunicazione, al centro del remote management «di prossimità»
I manager che devono guidare tutto o parte del loro team a distanza devono adattare le loro modalità di comunicazione, sempre mantenendo rapporti stretti di lavoro. Questi due aspetti sono quindi collegati.
Se la base degli scambi professionali a distanza è la posta elettronica, occorre avere cura di utilizzarla in modo adeguato – oggetto delle mail esplicito, corpo della mail chiaro e, se possibile, conciso. Alcune “conversazioni” dovrebbero essere svolte al telefono, quando la domanda o la risposta contengono informazioni complesse oppure richiedono decisioni rapide.
Anche gli scambi sincroni sono essenziali per preservare la coesione del team e la dimensione della prossimità. La comunicazione può quindi essere formale (incontro settimanale in videoconferenza, in un grande gruppo; aggiornamento del team in un piccolo gruppo, riunione individuale), o informale – pausa caffè virtuale, momenti di celebrazione collettiva (fine di un progetto, firma di un contratto…). Si tratta qui di cercare di ricostruire una modalità di comunicazione globale, che comprenda in presenza molteplici momenti di micro-interazioni: incrociare i colleghi in un corridoio o durante la pausa, scambio di sorrisi, piccoli gesti… Che si tratti di percepire segnali deboli o di trasmettere informazioni assicurandosi che siano “ricevute correttamente [2]”, il contatto visivo regolare con i dipendenti deve essere mantenuto anche a distanza. Attenzione, però, a non “schiacciarli” sotto il peso delle videoconferenze, che mettono a dura prova il nostro cervello! Inoltre, quando le videoconferenze sono escluse (le reti aziendali non le supportano), il remote management “funziona” nonostante tutto, mobilitando altre tipologie di scambi ricorrenti. La chat gioca quindi un ruolo fondamentale: battute o aneddoti del giorno, utilizzo di emoji o gif, ecc. Anche se la convivialità a distanza non è uguale a quella di persona, può comunque esistere.
Con un accesso più ristretto alle informazioni, anche soft skills come l’ascolto e l’empatia sono alleati decisivi del remote management. L’ascolto attivo permette di riformulare affermazioni per evitare fraintendimenti, che sono più frequenti quando mancano altri elementi di comprensione. E’ una forma di ascolto fatto di attenzione rivolta anche agli altri per cogliere frammenti di informazioni o captare segnali deboli. L’empatia, che di questo si nutre, permette a sua volta di comprendere meglio le aspettative dei propri interlocutori, e di decifrare i bisogni che si annidano dietro le emozioni che possono esprimere.
A distanza o sul posto, la qualità del legame sociale è un vettore chiave della performance. Se il remote management mobilita gli stessi “strumenti” della gestione in loco, la differenza sta essenzialmente nell’intensità dell’attenzione da riservare ad ognuno nella scelta della modalità di comunicazione più rilevante, con regole operative esplicite e condivise.
[1] Modalità di lavoro ibrida: combinazione di lavoro in azienda e lavoro a distanza, da casa o in terzi.
[2] Solo il 7% della comunicazione esclusivamente verbale è coinvolta nella ricezione di informazioni, rispetto al 38% per la comunicazione paraverbale e al 55% per la comunicazione non verbale (gesti, atteggiamenti, espressioni facciali).