La meta-postura, un comportamento chiave per l’efficacia relazionale
NELL’AMBITO DELLE MISSIONI CHE SVOLGE, IL MANAGER DI TRANSIZIONE SI CONFRONTA CON LA COMPLESSITÀ ORGANIZZATIVA MA ANCHE – E SOPRATTUTTO – RELAZIONALE E UMANA. QUESTA PROFESSIONE RICHIEDE QUINDI COMPETENZE [1] E TALENTI SPECIFICI DA PARTE DI CHI LA ESERCITA. NEL SEGUENTE ARTICOLO VERRÀ PRESA IN CONSIDERAZIONE LA META-POSTURA, O META POSIZIONE – SECONDO IL VOCABOLARIO DELLA PROGRAMMAZIONE NEUROLINGUISTICA (PNL) [2] . UN “CAMBIO DI FOCALIZZAZIONE” CHE CONSENTE DI FORNIRE RISPOSTE A DETERMINATE SITUAZIONI, NON SEMPLICEMENTE REAGENDO.
1- Meta-postura o meta posizione, quale interesse per un manager di transizione?
L’ambizione della meta posizione riunisce l’attitudine dell’attore e quella dell’osservatore. Confrontandosi con una situazione, è necessario avere la capacità di dissociarsi completamente, creandone una nuova, nella quale è possibile osservare il contesto iniziale. La situazione originaria, viene così esaminata con un filtro differente; quello dell’osservatore. In questo modo, la visione che avevamo del contesto primario cambia, aprendo il campo delle possibilità. Il cambio di prospettiva, in ultima analisi, aiuta a superare gli ostacoli e consente di evolversi.
Consideriamo ora il rapporto instaurato tra due persone all’interno di un’azienda, due interlocutori (A e B) che interagiscono tra di loro. Occorre ricordare, però, che A e B non sono i soli ad intervenire in questo tipo di rapporto; esiste infatti una terza entità, la relazione. Tuttavia, quando quest’ultima fallisce, la responsabilità non è da imputare necessariamente ad uno dei due interlocutori. È fondamentale tener conto dell’ambiente di provenienza di ogni individuo: il suo “bagaglio”, le emozioni provate in momenti precisi, il processo lavorativo di cui fa parte, gli strumenti che utilizza. Tutti questi elementi possono influire sull’efficacia relazionale che, a volte, non si stabilisce tra i due individui, i quali non si trovano “sulla stessa lunghezza d’onda”. Non possiamo dimenticarci però, che è proprio la qualità delle relazioni professionali e/o manageriali ad alimentare l’efficacia dei singoli e del team, determinando le performance finali.
Durante un incarico di transizione, il manager può essere chiamato a riposizionarsi sistematicamente al di sopra della mischia, al posto di instaurare una relazione; in questi casi risulta utile adottare proprio la meta-postura, che permette di avere una “vista aerea” e complessiva sulla situazione esistente. Sappiamo bene che il manager di transizione – spesso – ha un ruolo eminentemente operativo nell’azienda in cui entra a far parte per un periodo limitato. Quindi, per definizione, deve calarsi totalmente nel contesto, intervenendo a “piene mani” nel sistema. La meta-postura, tuttavia, è la tecnica che gli consente di mantenere “un piede fuori”, preservando il suo carattere di esteriorità al sistema, evitando di venirne assorbito. In questo modo, è possibile per il manager monitorare e valutare l’equilibrio del suo intervento e il suo stato di coinvolgimento/impegno, o possibile disimpegno.
2 – Alcuni suggerimenti per attivare la meta posizione con più facilità
Per un manager di transizione – man mano che la sua organizzazione si evolve e prende forma – è molto importante essere in grado di catturare delle immagini, esaminando il contesto “dall’alto”. L’idea è quella di riuscire a compiere dei movimenti regolari tra la relazione/situazione in cui il manager riveste il ruolo di attore e la posizione di osservatore. Qualora si rivelasse difficile, il manager può sempre contare sugli altri membri del team, condividendo il suo problema. Senza indugiare troppo però, perché il tempo di intervento è limitato.
Prima di arrivare in questa fase, bisogna inquadrare il contesto della missione di transizione, anche se – ad esempio – possono essersi già verificati dei cambiamenti relativi all’ambito. È inoltre fondamentale e necessario comprendere il comportamento dell’impresa committente. Questi due elementi hanno un impatto diretto sul carico mentale del manager di transizione, cosa che può influire o addirittura frenare l’attivazione della meta-postura.
Esistono altri punti chiave da non trascurare, come l’ascolto e la presa in considerazione delle emozioni. Il rischio di essere sopraffatti è grande e tutti i segnali inviati dal corpo e dalla testa riportano il seguente messaggio, da non sottovalutare: “Stai abbandonando la postura del manager di transizione – sia in azione che in riflessione – mentre la meta-postura si fa garante di questo equilibrio”.
3 – L’impatto della meta-postura sulla gestione di situazioni complesse
Prendere in considerazione le emozioni è decisivo, la loro corretta “ricezione” suscita infatti domande cruciali per lo sviluppo del processo. Ad esempio:
- Cosa comunica l’emozione espressa dai valori o dai bisogni insoddisfatti del manager di transizione?
- È possibile “lasciarsi andare” per sbloccare i freni?
- Nonostante le difficoltà inerenti alla situazione o alla relazione, esistono fattori di sviluppo positivi?
Spesso da queste domande emerge una risorsa da mobilitare per superare gli ostacoli; tutto ciò attraversando una fase di proiezione mentale, immaginando come “superare” la situazione problematica guidati dalle risposte date alle 3 domande poste in precedenza. Questa “identificazione” genera un’emozione stimolante e costruttiva, prima ancora che la risorsa sia realmente implementata!
Usare la meta-postura è un metodo di lavoro ed uno stato d’animo. Apre a scambi reali, condivisione e cooperazione tra interlocutori o partner, senza dover “rinunciare” a qualcosa. La meta-postura permette di accettare pienamente le evoluzioni grazie al cambio di prospettiva. Da qui l’importanza di questo strumento per i manager di transizione e per il management in generale.
[1] Le abilità menzionate sono sociali, emotive e cognitive (= soft skills ).
[2] Leggi l’articolo per saperne di più sulla PNL.